domenica 25 aprile 2021

 

 Dedicato a Teresa Bruneri Pomelli, partigiana di Genova assassinata dai fascisti a Cafasse (TO) il 1° dicembre del millenovecento44.
Dedicato a tutte le donne della resistenza.


giovedì 31 dicembre 2020

Auguri a voi

Uno dei brani più famosi al mondo, una vera e propria dichiarazione d’amore alla vita: Gracias a la vida.

Mi stupisce affatto che sia stata scritta a seguito di una delusione sentimentale.

Quella sottile gratitudine che si prova nei confronti di noi stessi quando si acquisisce la certezza che sapere amare è essenziale almeno quanto, se non di più, essere amati.

Uno splendido benvenuto al più grande dei sentimenti; l’amore.

Unica vera possibilità che abbiamo perché tutto sia “possibile”.

Io ho molto amato nella mia vita, sono una donna molto fortunata… a modo mio ringrazio.

Sono stata molto amata nella mia vita… a modo mio ringrazio.

Essere amati è un dono,
ed è prezioso. È fragile. È deteriorabile. Non ci è dovuto.


                                  

 

  "Grazie alla vita che mi ha dato tanto.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto
mi ha dato il riso e mi ha dato il pianto
così distinguo gioia e dolore
i due materiali che formano il mio canto
e il canto degli altri che è lo stesso canto
e il canto di tutti che è il mio proprio canto.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto".

Auguri


sabato 26 gennaio 2019




"La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace.”
Primo Levi ha indagato la memoria, forse, meglio di tanti; come si trattasse di materia viva, con un corpo tangibile da accudire e accettare.
Il giorno della Memoria, memoria affinché non sia oblio. Personalmente ho approfondito spesso il mio personale rapporto con la memoria e di come, soprattutto io, tenda a (voler) scordare per mille motivi.
Pare, e son d'accordo, che si muoia veramente solo quando nessuno più proferirà il nostro nome. Il tuo nome, il suo nome.
Ho deciso, oggi, di far continuare a vivere un partigiano ebreo, di non consegnarlo all'oblio o alla mera identificazione di una via qualunque della mia amata Torino.
Emanuele Artom
Nasce ad Aosta nel 1915, i suoi percorsi di studio passarono dal D'Azeglio, liceo classico, alla facoltà di Lettere di Torino. Discute la tesi alla facoltà di Milano, presso la quale passò per poter seguire il professor Mario Attilio Levi.
Emanuele si avvicina al movimento antifascista di Rosselli, Giustizia e Libertà, nel 1943.
Si unisce alla lotta partigiana; Eugenio Ansaldi era il suo nome di copertura nelle bande di Italia Libera della val Pellice.
Successivamente fu mandato a Barge presso il comando garibaldino di Barbato come Delegato del Partito d'Azione, poi in val Pellice e in val Germagnasca.
È attivo nella battaglia di Perosa Argentina. A marzo del '44 i nazifascisti rastrellano le valli del Pellice e la val Germagnasca.
Artom con Malan, Segre e Levi cercano di fuggire passando dal Colle Giulian per raggiungere la Val pellice.
Malan e Segre riescono a scappare da cinque SS italiani, lui, stanco morto si arrende. Levi non lo lascia e si fa arrestare anch'egli.
Catturato viene portato dapprima a Bobbio poi ad Airali di Luserna.
Un suo ex prigioniero lo riconosce come ebreo; per Emanuele è iniziata la fine.
Torturato crudelmente e deriso lo trovano in possesso di un pezzo di vetro. Lo avrebbe usato per porre fine alla sua vita, ma alla minaccia che, se si fosse suicidato, avrebbero ucciso i suoi compagni, Emanuele, desistette.
Verrà successivamente spostato alle carceri Nuove di Torino dove sarà rinvenuto, il 7 aprile del 1944, cadavere a causa delle violenze subite.
I suoi aguzzini incaricheranno quattro partigiani prigionieri di tumulare il povero corpo di quello che, oggi, per noi tutti sarebbe “un ragazzo” di appena 29 anni.
Emanuele fu seppellito nel parco del Sangone nei boschi di Stupinigi, il suo corpo non fu mai ritrovato.
A te Emanuele il mio pensiero.

lunedì 14 maggio 2018

Perdite

si perde, si perde tanto.
La maturità ti toglie la capacità di dialogare con le tue stesse lacrime.
La maturità ti priva della tenerezza...
si perde, hai perso tanto.



J. Brel
Ne me quitte pas

mercoledì 7 marzo 2018

Emoziona-ti


Una mattina iniziata come tante altre; tutto storto.
Telefonata spiacevole, treno, come quasi sempre, in ritardo.
Il mio costante intento di circondarmi di “bello”, con l'unico scopo di sopravvivere alla bruttura che ci circonda, messo a durissima prova.
Stazione di Porta Nuova a Torino, l'arrivo, la corsa nell'atrio, il bus alla fermata n° 40 della GTT. L'autista, probabilmente intenerito dal mio ansimare per la volata, apre le porte fuori fermata.
Un piccolo raggio di sole, è già molto.
Pullman gremito. Al fondo il vociare di una scolaresca di nanetti. Il chiasso bello, bello come la loro pelle diversamente colorata. 
Nanetti da asilo, oh scusate; scuola materna.
Una piccola e deliziosa voce rivolge una domanda alla maestra in piedi vicina a loro:
“Maestra cosa vuol dire emozionato?”


Emozionato, emozioni… eccolo il bello del mio giorno. Un nanetto che pone, alla povera maestra, una delle domande più difficili; cosa sono le emozioni.
Bello il mio nanetto, bello lui. Buona vita tesoro, buona vita chiunque tu sia e scusaci, se puoi, per l'aridità che ti stiamo lasciando.


sabato 17 giugno 2017

Opportunismo e carità

In realtà, caro culo di fogli, il principio è che basterebbe chiedere.
Si possono comprendere le posizioni di quasi tutti.
Mi è capitato di elargire un po' di denaro; a chi non capita? .
Mi sono, dapprima, sentita un po' usata, infastidita da quella sordida forma di opportunismo. Il mio sentire è svanito lasciando il posto al, molto meno nobile, sentimento di pena. Ho considerato il significato di “obolo”, ho cercato sul vocabolario la sua precisa accezione No, non è  il termine esatto, non è quello adeguato. Poi, non paga, ho cercato i suoi sinonimi. No, nessun sinonimo rendeva giustizia, anzi, confermava l'imprecisione. La stanchezza e quell'odioso senso di pena ancoravano nel mio profondo la fissazione. Così ho ripreso in considerazione "elemosina" che in un primo momento avevo scartato perché m'era parso un po' gravoso. Elemosina. 
"Le parole hanno un peso", mi dico e ancora discetto sulla portata e sulla personale responsabilità. Disquisisco a lungo sulla portanza dei vocaboli usati male, stropicciati a dovere e su come, espulsi dalla mia bocca o dalla mia penna, gli stessi lascino la loro bava a rammentarmi l'assoluta responsabilità.  Decido, allora, di ben controllare.
Treccani, ai sinonimi di elemosina, scrive: beneficenza, carità, elargizione, aiuto, soccorso. Scrive anche offerta che si fa in chiesa o agli ordini mendicanti e poi colletta, questua.
Be'… elemosina è proprio il termine perfetto!
Penso che l'entità, la cifra in denaro sia assai relativa. Si possono elargire elemosine di pochi centesimi, di qualche euro, di dieci, di venti euro e anche di più. Si può fare la carità in tanti modi. Si può dare elemosina per mille e più cause. Si elargiscono denari per tacitare
sensi di colpa, per ringraziare silenziosamente la miglior sorte capitataci, per continuare a non vedere e a non ascoltare, per suggellare con quell'azione la nostra (solo illusoria) superiorità sociale.
Insomma, dietro a un gesto così apparentemente altruista si possono nascondere biechi sentimenti.
Alla fine, dopo aver espulso il sentirmi usata, son riuscita a tacitare anche quel senso di pena che tanto stretto sentivo.
Sarebbe bastato usare le parole, sarebbe bastato formulare una semplice richiesta o, ancor più semplicemente, attendere che fossi io a offrire. Atto che avrei compiuto sicuramente.
Invece no.

Ho dato, quindi, un'elemosina che ha azzittito in un colpo solo il disagio, la pena e mi ha tolto anche l'incombenza di un saluto.






Paul Gauguin, autoritratto 1888






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